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…e cinque. Cuncambias compie cinque anni e si festeggia. Con la sua compagna di sempre: la gente di San Sperate. E con una rivoluzione.
Del resto, la gente e un certo spirito rivoluzionario – da intendersi come sano e pacifico, nei modi come nelle intenzioni – non sono mai mancati al Festival e non mancheranno quest’anno, dove sono citati e chiamati in causa sin dal titolo. E sia chiaro sin dal principio, quando parliamo di “fare la rivoluzione”, parliamo soprattutto di rivoluzionare noi stessi, i nostri comportamenti e modi di vita. Non può che incominciare da qui, la storia della nostra rivoluzione.
Ci è sembrato l’anno giusto, questo, per una “sollevazione”, e per vari motivi: in primis per i quarant’anni di distanza dall’anno ‘68, l’anno rivoluzionario per eccellenza, con il suo carico di gioia, fantasia, aspettative e rabbia. Ricordare quell’esperienza, dunque, e le imprese rivoluzionarie in genere – da quella francese a quella nelle fabbriche, da quella messicana a quella femminista, le imprese eccezionali davvero non mancano, nella storia del mondo.
Raccontarle criticamente, popolarmente e artisticamente e, attraverso il racconto, provare ad immaginare il futuro, che ci auguriamo rivoluzionario almeno quanto pacifico. Questi i propositi.
Ma il ’68, a San Sperate, ha coinciso anche con la scoperta del Muralismo, l’avvenimento che a tutt’oggi rappresenta al meglio la vocazione culturale e sociale del nostro centro, nonché il bisogno – quello si, davvero rivoluzionario – dei giovani di allora di vivere e “raccontarsi” la vita in maniera diversa da come l’avevano sempre e solo conosciuta le generazioni precedenti la loro.
Ha a che fare con noi, questa storia, e queste storie proveremo a raccontare: con un paese, con gli artisti che parteciperanno, con un gioco di parole che lascerà alla porta la disperazione, per seguire la speranza e l’utopia.